Negli ultimi è andato sempre più sviluppandosi il concetto di “volersi bene”: accettarsi per quello che si è, prendersi cura dei propri bisogni, non sacrificare il proprio bene per compiacere gli altri (senza ricadere nell’egoismo), sentirsi in armonia con le proprie scelte, prendendo atto dei propri limiti e dei propri punti di forza, non esaltandosi laddove tocchiamo con mano il successo, non abbattendosi quando, viceversa, il sapore della sconfitta prevale e verrebbe voglia di mollare tutto.
Quello che, probabilmente, dovremmo imparare a fare come “Paese”: cosa, invece, alquanto difficile, forse perché ci manca un po’ quel senso di “comunità” che invece spesso diventa il punto di forza di tanti altri Paesi (banalmente, se avvertissimo il senso di “comunità” in via “continuativa”, e non solo di fronte alle tragedie – quando si verificano, dimostriamo una “partecipazione” che sfocia in “fratellanza”, rendendoci unici e un esempio per tutti – probabilmente non ci troveremmo nelle condizioni in cui siamo, con un’evasione fiscale che supera, secondo le stime, i 100MD € all’anno, con circa il 25% dei cittadini che “mantiene” il restante 75%, come risulta da uno studio apparso qualche settimana fa). Anche perché, a ben vedere, non siamo poi così “scarsi”.
Al di là del fatto che, nonostante tutte le nostre “magagne” (crisi manufatturiera, debito pubblico stellare, crisi demografica, contrapposizione nord-sud, mancanza di una strategia di crescita precisa, etc), continuiamo ad essere una delle prime 7 economie al mondo, ci sono aspetti che dovrebbero favorire, almeno in parte, la nostra autostima (elemento fondamentale per l’equilibrio personale, e quindi sicuramente positivo anche allargando la visuale).
Prendiamo l’avanzo statale primario, vale a dire il bilancio statale “prima” di prendere in considerazione gli interessi sul debito.
Bene: se prendiamo in considerazione il periodo che va dal 1995 (quindi ben prima dell’arrivo dell’€) sino al 2029 (vengono analizzati, da Commissione Europea e FMI anche gli anni “previsionali” 25-29), ci rendiamo conto che siamo l’unico Paese del G-7 (e della UE) capace di presentare un bilancio in surplus per ben 30 anni: gli unici anni in cui siamo “andati sotto” sono stati il 2009 (crisi del debito mondiale con a seguito del default della Lehmann Brothers) e gli anni “pandemici” (intendendo per tali il periodo 2020-2023, anni peraltro “impossibili” per tutti).
Gli altri Paesi, nello stesso periodo, cosa hanno fatto? Partiamo dalla Francia, la grande “malata” d’Europa (almeno per quanto riguarda la Finanza pubblica, con uno spread quasi “greco” – guardando al presente -, che proprio negli ultimi giorni è arrivato a circa 90 bp, fatto assolutamente inusuale per il Paese transalpino): nello stesso periodo (1995-2029) soltanto 4 volte (l’ultima nel 2001) ha fatto registrare un saldo primario in attivo. E gli Stati Uniti? 9 volte (l’ultima nel 2007). Spagna? 11 volte (l’ultima sempre nel 2007). Un po’ meglio la Germania, con un bilancio positivo per 19 anni (ma il prossimo arriverà, se le cose non cambiano, solo nel 2027). E, sempre secondo le previsioni della Commissione Europea, nel biennio 25-26 l’Italia dovrebbe far registrare un bilancio positivo per oltre 37,4MD, mentre la Germania “produrrà” un deficit primario di 69,5 MD e la Francia di addirittura € 160,2 MD.
Ma non solo. Pur con qualche difficoltà, l’Italia ha superato l’esame dei conti da parte della UE, mentre Olanda e Francia devono “ripassare”, e la Germania un piano non l’ha neanche presentato…).
E se guardiamo all’evoluzione del debito (sempre al netto degli interessi) cosa succede? Succede che il nostro rapporto debito/PIL, rispetto alla situazione pre-covid (2019), risulta cresciuto solo dell’1,8%, mentre in Germania è salito del 2,9%, nel Regno Unito del 9,2%, negli USA del 10,6%, in Giappone del 10,8%, in Francia del 12,9%.
In tutto questo, il nostro rating (in particolare quello di Moody’s) continua ad essere Baa3, migliore di un solo “gradino” rispetto alla Grecia (Ba1), ma lontanissimo da quello degli altri Paesi “forti” della UE: 7 gradini sotto la Francia (“graziata” proprio la settimana scorsa da S&P, che ha mantenuto il livello AA-), al livello, secondo Moody’s, Aa2. Francia che, nonostante i seri problemi, anche politici, è distante 1 solo gradino da Paesi “virtuosi” come Finlandia e Austria (Aa1) e 2 gradini sotto i “migliori” della classe (Germania, Usa, Svezia), classificati Aaa, il livello massimo previsto. Tornando all’Italia, anche il Belgio, non certo un “benchmark”, ha un livello 6 gradini migliore (Aa3).
Un atteggiamento, quello delle Agenzie di rating, alquanto strano, anche alla luce dell’andamento dello spread: rispetto all’ottobre 2022, il calo è stato di ben 120 bp. Per non parlare, come già altre volte considerato, della stabilità politica, che per una volta, si identifica nel nostro Paese, con la Germania chiamata al voto anticipato a Febbraio 2025 e la Francia ogni giorno sul “filo del rasoio”, con il Primo Ministro Michel Barnier che ogni giorno non sa se arriverà a sera…
Tutti motivi più che validi che spingono molti investitori (anche esteri) a vedere nell’investimento nel nostro debito pubblico opportunità di rendimento piuttosto interessanti, con un livello di rischio considerato non poi così diverso rispetto ad altri Paesi.
Segnali più che positivi quelli che giungono dai mercati del Pacifico questa mattina.
A Tokyo il Nikkei sale dello 0,80%,
A Hong Kong, l’Hang Seng si rafforza dello 0,73%, mentre Shanghai fa segnare + 1,13%.
Taiex Taiwan + 2,13%, spinto, ancora una volta, dalle società Tech.
L’unico che non da particolari “segni di vita” è il Kospi di Seul, a – 0,06%.
Futures ovunque deboli, con Wall Street a – 0,17%, mentre più pesante risulta essere l’Europa, con l’Eurostoxx a 1,06%.
Da seguire Stellantis, dopo le dimissioni improvvise dell’AD Carlos Tavares.
Petrolio in cerca di “normalità”: WTI questa mattina a $ 68,68, + 0,88%.
Gas naturale Usa in ritirata: questa mattina tratta a $ 3,171, – 5,89%.
Oro a $ 2.655,30, – 1,05%.
Spread a 121,6 bp.
BTp ancora più giù, a 3,28%.
Bund a 2,07%.
Treasury a 4,22%.
€/$ 1,0511.
Bitcoin a $ 97.230.
Ps: il 7 ottobre scorso, Sam Benastick, 20 anni, ha deciso di andare a pesca nella zona in cui viveva (parco Redfern-Keily, 81.000 kmq, nello stato della British Columbia, in Canada). Da quel momento si sono perse le sue tracce.
Martedì scorso (quindi circa 50 giorni dopo la sua scomparsa) è stato ritrovato per caso da alcuni operai di una piattaforma petrolifera. In questo periodo, senza alcun genere si sussistenza (cellulare “morto”, privo di vestiari adeguati al periodo climatico, tanto meno di cibo), è riuscito a sopravvivere a temperature anche di – 30°, nutrendosi di bacche o di quel poco che la natura poteva offrite visto il clima. Per un po’ lo avevano cercato, ma dal 28 ottobre le ricerche erano state sospese e dato per deceduto. Evidentemente i miracoli esistono…